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Rassegna Etica

Riscoprire le Case a corte del Salento per rivivere una socializzazione autentica

Di Valeria Bonora - 1 Giugno 2016

Le case a corte hanno origini molto antiche: si pensa infatti che risalgano all’epoca classica, furono trovate tracce di queste edificazioni nelle città greche dell’VII secolo a.C. e se ne trovano tuttora nella parte centrale del Salento.

Le prime case di corte si possono ritrovare nelle domus romane, formate da un nucleo centrale e dal peristilium, un’area colonnata all’interno della quale venivano posizionate fontane, statue e aree verdi.

Di solito è realizzata con una pianta regolare chiusa ai quattro lati aperto al centro dove c’era il giardino verde o un cortile lastricato; negli anni Venti, vi fu un abbandono di questa rigidità costruttiva e le case di corte divennero veri e propri isolati e costituiti da case a corte ad L o a C, le une affiancate alle altre, sempre chiuse, quindi, sui quattro lati.

La casa a corte era per lo più un’abitazione contadina caratterizzata appunto da uno spazio aperto, di solito abitata da più unità abitative, ed è una delle caratteristiche dell’urbanizzazione del Salento; grazie alle case di corte non veniva mai a mancare la socializzazione, spesso veniva abitata dalla stessa famiglia aggregata con altri parenti, in modo da garantire le risorse di sopravvivenza, era spesso fornita di un pozzo o di un granaio, magari anche di un orto comune, e nel centro i membri della famiglia potevano riposare dopo una lunga giornata di lavoro, chiacchierando e ascoltando le storie della giornata dopo il lungo lavoro nei campi, spesso solitario.

Le case a corte avevano anche scopi più pratici che il semplice socializzare, come ad esempio sfuggire ai pericoli delle campagne, alle malattie come la malaria e per ingaggiare manodopera giornaliera da mandare al mercato del paese.

Nel Salento le case a corte erano un’aggregazione di case modeste, spesso monolocali, perché si dava più importanza alla vita all’aperto che a quella al chiuso, erano realizzate in tufo o in pietra leccese, dal pavimento formato da lastre di pietra calcarea e arredati semplicemente con mobili di quercia o di olivo, con un ampio caminetto dove la famiglia si riuniva in inverno.

Adele Quaranta, Ricercatrice di Geografia economico-politica presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università del Salento, ha scritto un libro “Il Salento tra identità e specificità territoriali” da cui è tratto questa descrizione delle case a corte salentine:

❝All’interno dell’abitazione, in un angolo inoltre, è sempre presente una buca collegata alla fogna, in cui riversare le acque sporche. Il tetto realizzato con canne e tegole, invece, col tempo si evolve nella copertura a a volta (a “botte” o a “stella”) e funge da impluvio alimentatore della cisterna, come avviene ancor oggi in molte case salentine.

Questo metodo abitativo nasce quando il latifondista dona un lotto di terreno ad un bracciante che lavora alle sue dipendenze e vi costruisce la casa sempre al centro fra il giardino retrostante e uno spazio aperto antistante, di forma quadrangolare o rettangolare, che comunica con la strada tramite un portone sormontato da un arco, spesso preceduto da un vano rimessa, dotato sia di mangiatoia che di pile (usate per lavare i panni o i piatti) e adibito a riparo del carro agricolo, arnesi, attrezzature, varie e scorte destinate all’alimentazione umana(pomodori, peperoncini, agli e cipolle) e animale (paglie e fieno).

Il minuscolo tessuto edilizio di arricchisce, negli anni, di cellule “secondarie” non solo per soddisfare le esigenze dei figli maschi in prospettiva del matrimonio, ma anche per migliorare la posizione economico-sociale familiare con la concessione in locazione ad eventuali lavoratori subordinati. Gli accessori – granaio, depositi per la legna, servizi igenici, pozzo, vasca per il bucato, stalle per il cavallo o l’asino, ecc. – restano comuni. Quando le condizioni economiche lo permettono – perchè non più legate alla pastorizia e a un’agricoltura di sopravvivenza come quella cereaicola, ma a un’altra più redditizia, impostata sul vigneto, oliveto e frutteto (che non necessitano della presenza stabile del contadino in campagna) -, al primitivo edificio vengono aggiunti ambienti per usi diversi (ampio soggiorno adoperato come disimpegno per le camere da letto, cucina più spaziosa e attrezzata, ecc.) , a scapito dell’area collettiva.

Nel complesso le dimore evidenziano, comunque, una composizione tipologica molto semplice, rispecchiano una cultura poco aperta alle mode e all‘influenza del mondo urbano ed esprimono particolari modalità di sfruttamento del suolo e dell’organizzazione del territorio rurale. Rispondono, inoltre, a peculiari esigenze delle donne – le quali, costrette dai costumi dell’epoca, evitano la pubblica strada, “consumano” il tempo libero nelle corti, svolgono lavori di filatura, tessitura, ricamo, ecc. – dei bambini e degli adulti, che soprattutto nelle serate estive, trasmettono le proprie esperienze e tradizioni, intercalate con aneddoti e proverbi tipici della saggezza popolare.❞

Le case a corte sono un modo per vivere insieme ma soprattutto per condividere, dove ci si aiuta e ci si sorregge e i bambini crescono in un ambiente sano e socialmente forte. Purtroppo oggi si tende sempre più ad isolarsi, ad essere individualisti, a cercare di tagliare fuori gli altri, amici o parenti, e si tende a vivere la propria vita all’interno di un circolo chiuso e ristretto, al contrario di come era una volta dove la gente era unita e cooperativa.

Valeria Bonora
Guarda il mondo attraverso i miei occhi





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