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I principi della bioedilizia: costruire in armonia con l’ambiente

Di Marco Grilli - 22 Febbraio 2016

Ritrovare l’equilibrio tra natura e uomo anche attraverso l’intervento costruttivo: è questo il principio cardine della bioedilizia, che considera l’edificio come un organismo vivo che deve inserirsi naturalmente nello spazio, al fine di limitare l’impatto ambientale e garantire il massimo benessere psico-fisico agli individui che lo abitano.

Salute, sicurezza e comfort sono le parole chiave dell’architettura bioecologica, che attua il principio del limite (inteso nel senso di risparmio di risorse e minimo inquinamento per tutto il ciclo di vita di un edificio), occupandosi non solo dell’edificazione, ma anche della ristrutturazione e dell’intervento sul territorio. Agendo in questo complesso sistema interattivo e dinamico tra costruito e ambiente circostante, dove le stesse risorse naturali risultano materiali fondamentali dell’architettura, la bioedilizia si basa in primis su un indagine preliminare tesa a individuare, misurare e localizzare gli elementi perturbatori e inquinanti che possono trovarsi nell’ambiente, nei materiali e negli impianti. Fondamentale è poi l’analisi della potenzialità energetica del sito, da sfruttare al massimo grado, al fine di ricorrere solo a pochi impianti tecnologici ecocompatibili e di creare un microclima sempre gradevole, in un ambiente naturale riequilibrato.

Costruire in modo sostenibile è un’esigenza primaria del nostro tempo: basti considerare che ogni individuo trascorre l’80-90% della propria esistenza in ambienti chiusi e che gli edifici sono responsabili del 40% del consumo energetico globale, all’origine di quel nocivo inquinamento che sta causando il surriscaldamento globale, con drammatiche conseguenze per tutta l’umanità. Combattere questo trend è l’obiettivo della bioedilizia, che al momento dell’edificazione si rifiuta di considerare l’uomo come padrone della natura, privilegiando la ricerca dell’armonia con l’ambiente circostante e la scelta di materiali naturali non nocivi né resi inquinanti, possibilmente reperibili sul posto o provenienti da brevi distanze, a basso consumo energetico in tutto il loro ciclo di vita, durevoli, riutilizzabili e riciclabili.

bioedilizia

Secondo i prerequisiti dell’architettura bioecologica, la costruzione deve esser posta il più lontano possibile da fonti di inquinamento elettrico, chimico e acustico, così come da eventuali e più nascoste perturbazioni provenienti dal sottosuolo. In fase di progettazione la massima attenzione si concentra poi sulle caratteristiche climatiche del sito (esposizione al sole, direzione di venti e correnti d’aria, andamento delle precipitazioni ecc.), allo scopo di orientare nel modo migliore l’edificio, per consentire il massimo accumulo termico durante i mesi freddi ed evitare l’eccessivo riscaldamento in quelli caldi estivi.

Per quanto riguarda la storia di questa filosofia del costruire, strettamente correlata all’ecologia e ai dettami dello sviluppo sostenibile, bisogna ricordare che la sua versione moderna si è sviluppata in Germania a partire dagli anni ’70 ed è stata fissata in 25 principi fondamentali, noti anche come “principi bioedili” di Schneider, che qui proviamo a sintetizzare e accorpare in 12 caratteristiche.

Questi punti prevedono:

1- edifici ben distanziati tra di loro, costruiti su un terreno esente da perturbazioni ecologiche (ad esempio campi magnetici sotterranei) e posti in aree verdi, lontane da zone industriali o segnate dal traffico veicolare;

2- un progetto individuale e a misura familiare per le case e l’insediamento, che eviti conseguenze sociali dannose e favorisca la formazione di comunità;

3- l’utilizzo di soli materiali da costruzione naturali non sofisticati e non radioattivi, a basso consumo energetico ed esenti da rischi di inquinamento durante le fasi di produzione e smaltimento, che non compromettano le scorte di materie prime in via di esaurimento;

4- la regolazione dell’umidità in modo naturale, con pareti permeabili al vapore acqueo e quelle esterne capaci di filtrare e neutralizzare gli agenti inquinanti dell’atmosfera;

5- il mantenimento in equilibrio delle caratteristiche termiche più importanti (coibenza, accumulazione, smorzamento);

6- il maggior favore per il riscaldamento radiante con ottimale utilizzazione dell’energia solare;

7- tempi brevi per l’asciugatura della costruzione che, una volta completata, non deve emettere forti odori e vapori tossici;

8- l’adozione di accorgimenti costruttivi per proteggere l’edificio da vibrazioni e rumori;

9- la conservazione del campo elettrico naturale dell’aria e una ionizzazione fisiologica, senza provocare alcuna modifica del campo magnetico naturale;

10- installazioni adeguatamente schermate per garantire l’assenza di campi elettromagnetici indotti;

11- la non induzione di alcun influsso sulle radiazioni cosmiche terrestri;

12- il rispetto armonioso di misure, proporzioni e forme.

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Ancora oggi questi principi costituiscono il nocciolo duro della bioedilizia, che continua a ricercare l’integrazione migliore tra edificio e ambiente, per consentire di ottimizzare le prestazioni del primo in favore della qualità di vita, dell’interesse economico e del rispetto dell’ecosistema. L’architettura ecosostenibile guarda inoltre con favore alla geobiologia, orientata allo studio dell’influenza dell’ambiente su tutto ciò che è vivente, con particolare attenzione agli irraggiamenti cosmici e a quelli terrestri.

Come è ormai risaputo, infatti, il pianeta Terra è avvolto da radiazioni elettromagnetiche naturali. Le linee di forza, generate dal campo magnetico prodotto dal nucleo metallico terrestre, attraversano la superficie e si estendono nella spazio circostante ben oltre i limiti più esterni dell’atmosfera: l’uomo, coi piedi sulla Terra e la testa rivolta al cielo, fa dunque da ponte all’energia cosmica e a quella terrestre. Negli ultimi decenni gli studi in ambito geobiologico si sono notevolmente sviluppati, catturando anche l’attenzione della medicina, sempre più tesa a capire la correlazione tra l’ubicazione delle abitazioni e l’insorgenza di alcune patologie. In questo ambito sono state molto importanti le lunghe ricerche e sperimentazioni del medico Ernst Hartmann, che hanno dimostrato come ogni essere vivente sia continuamente sottoposto a influenze derivanti dal suo ambiente, spesso all’origine di stati di stress o carenza di capacità immunitaria, che possono scatenare anche patologie gravi.

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Se le attuali e predominanti tecniche costruttive tendono a privilegiare l’utilizzo del cemento armato, la bioedilizia ripudia questo materiale, non solo perché durante il suo processo produttivo vengono aggiunte sostanze di vario tipo considerate nocive (fluidificanti, anticongelanti, additivi polimerici, ceneri provenienti da filtri industriali e perfino scorie radioattive), ma anche per le questioni legate al campo elettrico terrestre. I suoi componenti in ferro e acciaio, in assenza di un’adeguata messa a terra delle armature, costituirebbero infatti la cosiddetta “Gabbia di Faraday”, che impedirebbe alle cariche elettriche atmosferiche di penetrare all’interno dell’edificio, perturbando quindi i campi magnetici naturali. Tale situazione provocherebbe degli squilibri organici, all’origine di numerose malattie degenerative che colpiscono l’uomo. D’altronde, è la stessa Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che ha rilevato come le cause principali dell’inquinamento degli ambienti interni vadano ricercate nelle moderne tecniche di costruzione e, in particolare, nelle emanazioni prodotte da materiali isolanti artificiali, quali i rivestimenti sintetici di pareti e soffitti.

L’architettura bioecologica ha messo in dubbio anche la proverbiale solidità del cemento armato, considerati i ripetuti casi di sgretolamento che comportano tra l’altro costi ingenti per le riparazioni. Tutto ciò deriva da una minore resistenza di questo materiale agli attacchi corrosivi, con le barre di ferro che a contatto con l’ossigeno e l’umidità dell’aria cominciano ad arrugginirsi e ad aumentare di volume, intaccando le strutture portanti. Un problema aggravato non solo dall’inquinamento atmosferico, ma anche dall’impiego in edilizia di materiali sempre più scadenti e di strutture sottili, che permettono alle sostanze inquinanti dell’aria di attaccare più velocemente il ferro.

Dal sottosuolo proviene un altro pericolo di nome radon, un gas nobile radioattivo incolore e inodore, generato da alcune rocce della crosta terrestre (graniti, pozzolane, tufi, lave) e classificato come elemento cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Gli elementi radioattivi che derivano dal suo naturale decadimento risultano molto pericolosi, poiché si fissano facilmente alle mucose polmonari e possono provocare tumori. Per arginare questo pericolo (il radon può ritrovarsi anche nei materiali da costruzione sia naturali che derivati da lavorazioni industriali), la bioedilizia evita isolamenti e rivestimenti che compromettono la permeabilità all’aria delle pareti, cercando di facilitare la ventilazione dei locali abitati e di quelli collocati sotto il piano abitabile.

La moderna tecnologia ha inoltre messo a punto una specifica barriera antiradon, che può essere utilizzata sia sugli edifici esistenti che in quelli in costruzione. Al di là delle contromosse nei riguardi di questo gas nocivo e del ripudio dei materiali inquinanti, l’architettura bioecologica mira a eliminare l’inquinamento indoor in tutte le sue forme, da quello acustico (combattuto con l’isolamento) a quello elettromagnetico, dovuto a elettrodotti o ripetitori (in questo caso si evita di costruire nelle loro vicinanze) o all’impianto interno (in tale situazione bisogna distribuire correttamente i punti presa e gli interruttori, applicare disgiuntori e posizionare in modo adeguato i quadri elettrici).

Bioedilizia-e-bio-architettura

Fondata su un approccio minimalista e bioclimatico, la bioedilizia contrasta lo spreco di risorse e persegue la massima efficienza energetica, privilegiando il ricorso alle fonti rinnovabili (fotovoltaico, solare termico, biomasse, micro-eolico, geotermico) e mettendo in pratica alcuni accorgimenti che riguardano la localizzazione, l’orientamento e l’isolamento dell’edificio, la coibentazione dell’involucro edilizio, la scelta di materiali e impianti a basso consumo di energia, il ricorso alla prefabbricazione, nonché il pieno sfruttamento delle risorse naturali. In merito a quest’ultimo aspetto, solo per fare un esempio, il raffrescamento degli interni durante i caldi mesi estivi può esser effettuato tramite una razionale collocazione delle aperture, l’utilizzo di condotti d’aria sotterranei o un’opportuna gestione della ventilazione e dei movimenti d’aria, evitando così di ricorrere ai climatizzatori, che sperperano grandi quantità di energia e rappresentano un fattore d’inquinamento.

Altro elemento distintivo dell’edilizia verde sono i materiali ecocompatibili, tra cui ci limitiamo a citare il legno, il sughero, la lana di vetro, la lana di roccia, la lana di cellulosa, la canapa, la fibra di lino, la fibra di cocco, il feltro di juta e la calce romana. Se solo ci soffermiamo su delle costruzioni tipiche della bioedilizia, ossia quelle in legno, possiamo elencare tutta una serie di vantaggi che esse garantiscono, quali il massimo comfort abitativo, l’alta protezione termica, l’assenza di umidità, l’isolamento acustico elevato, la prefabbricazione, la protezione antincendio, la durabilità e la formidabile ecocompatibilità.

In generale, la bioedilizia comporta costi di costruzione più elevati ma garantisce notevoli risparmi in merito alle spese di gestione e manutenzione dell’edificio. Chi sceglie di vivere in una casa ecologica tutela l’ambiente, limita lo spreco di risorse, abbatte i consumi energetici e riduce drasticamente l’inquinamento domestico, senza rinunciare al comfort abitativo. Lunga vita all’edilizia verde!

Marco Grilli





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