Anteprima
Spiritualità

La cucina degli Hare Krishna: una cucina divina

Di Barbara Baccini - 8 Gennaio 2016

Lo scopo di questo articolo è di farvi gustare, oltre a cibi squisiti, anche la storia e la spiritualità che li hanno prodotti nel corso del tempo. Il pasto veloce e preconfezionato dei giorni nostri ci ha abituato a un’attitudine passiva nei confronti del cibo e dell’alimentazione. Sebbene questo articolo vi proponga un’antichissima scienza gastronomica che esclude decisamente dalla tavola la carne, le uova, il pesce e gli alcolici, è opportuno chiarire che l’alimentazione vedica è ricchissima di gusti e di sapori. Alcuni guardano con sospetto al vegetarianesimo considerandolo una dieta inferiore, ma la tradizione millenaria vedica ci dimostrerà che essere vegetariani non significa mangiare solo pane, pasta e formaggio. I piatti che ci presentano sono squisiti, facili da preparare e privi di inutili violenze, perché non crediate che tutti i cibi siano portatori di pace.

La cucina degli Hare Krishna (religione indù) è una cucina che tende a nutrire non solo il corpo, ma anche e soprattutto l’anima e lo spirito. In oriente la tradizione vegetariana è antica di millenni e nella Bhagavad-ghita, Krishna, la Persona Suprema, raccomanda all’essere umano di non mangiare cibi impropri: l’uomo infatti può vivere bene senza la carne, il pesce e le uova.

Non siate i distruttori di voi stessi. Elevatevi al vostro vero Essere, e allora non avrete nulla da temere.

– Krishna

Nella Coscienza di Krishna l’offerta del cibo è molto importante e il devoto consuma solo alimenti che sono stati prima offerti a Krishna con amore e devozione. Grazie a questo sacrificio si percepisce realmente che Dio è il creatore originario e il Proprietario Supremo di tutto ciò che esiste. Di conseguenza, il cibo che il devoto assume non solo mantiene in salute il corpo materiale, ma favorisce anche l’evoluzione spirituale.

La cultura vedica

Per apprezzare pienamente questa cucina bisogna inserirla nel contesto della cultura vedica. Il termine “vedico” deriva dal sanscrito Veda, che significa “conoscenza“. Tutta la cultura antica dell’India si basa su questi testi sacri. Le scritture vediche sono una vera miniera di informazione su Krishna e sulla relazione eterna che ci unisce a lui. Ciò che le distingue dalle altre scritture è il fatto che oltre a definire molto dettagliatamente l’aspetto personale di Dio, così da risvegliare in noi l’amore per lui, parlano dei diversi modi di esprimere questo amore in ogni azione quotidiana.

Nella cultura vedica la coscienza di Krishna non permea soltanto l’arte, la musica, la letteratura e l’architettura, ma anche la gastronomia. Ciò che distingue questa cucina è proprio la coscienza spirituale di chi cucina, cioè la consapevolezza di preparare un’offerta a Dio. Mentre nella nostra religione noi chiediamo a Dio il pane quotidiano, qui il devoto offre il pane quotidiano a Dio come espressione del suo amore per lui. Nella Bhagavad-ghita, Sri Krishna afferma che se gli si offre con devozione del cibo vegetariano, che sia anche solo una foglia o un frutto, egli accetta l’offerta e con la sua misericordia lo “spiritualizza” assaggiandolo personalmente. Ciò che era cibo comune diventa allora Krishna-prasada, la misericordia di Krishna, e nutrirsi diventa un atto dì adorazione, un vero scambio d’amore con Dio. Gli effetti del prasada (offerta religiosa dell’induismo) sono molto diversi da quelli legati al piacere della lingua o anche solo per motivi di sopravvivenza. Gli alimenti purificano il cuore solo quando sono preparati per il Signore con devozione e quindi offerti a lui. Secondo i Veda assumendo cibo comune non facciamo che accrescere in noi stessi il desiderio di godere di questo mondo, se invece gustiamo il prasada, ad ogni boccone crescerà in noi l’amore per Dio.

Il Signore Supremo è descritto nei Veda come la sorgente inesauribile di ogni piacere, Colui che crea innumerevoli esseri per dividere questo piacere con loro. Siamo tutti parte di Krishna e il semplice fatto di preparare e offrirgli del cibo ci permette di sperimentare il suo stesso piacere. Se vi capiterà di mangiare in qualsiasi centro Harekrishna, vi convincerete che quel particolare cibo che è stato preparato ed offerto a Krishna ha un sapore veramente speciale, un gusto che avete sempre cercato.

Le persone che visitano per la prima volta un tempio di Krishna spesso rimangono sconcertate dall’offerta spirituale di piatti vegetariani presentati sull’altare. Io personalmente mi sono chiesta: “non è forse lui che ha creato innumerevoli tonnellate di cibo?” ” Dio ha veramente bisogno dell’offerta di tutto questo”? Poi mi hanno spiegato che egli accetta l’offerta di cibo non perché abbia bisogno di riso e di verdure, ma vuole la nostra devozione. Nella Bhagavad-ghita leggiamo: “Se qualcuno mi offre con amore e devozione una foglia, un fiore o un frutto o dell’acqua, accetterò la sua offerta.” Quando Krishna chiede di offrirgli del cibo in realtà invita gli uomini a risvegliare l’eterna relazione d’amore con lui. All’inizio si obbedisce per fede e senso del dovere, ma più la consapevolezza e la realizzazione maturano, più lo si fa per affetto e per amore. Proprio come si offre il proprio meglio all’amato, il devoto offre a Krishna la propria ricchezza, l’intelligenza, la vita e il cibo.

Come fare un’offerta al divino

Ho posto davanti a te una luce che tu puoi seguire e cosí correre senza inciampare.

– Krishna

Ovviamente la tradizione vedica ci fornisce la guida di come offrire a Krishna i nostri doni. Nel caso in cui non si riescano ad osservare tutte le pratiche, basta ricordare Hanuman, il grande devoto di Rama (avatara o manifestazione di Krishna) che mentre con i suoi compagni stava costruendo un ponte con pietre enormi e pesanti, un piccolo ragnetto soddisfece ugualmente il Signore trasportando i rametti più grossi che poteva sollevare.

Secondo la tradizione vedica la prima cosa da fare è scegliere il luogo ideale per l’offerta. Può essere un semplice scaffale o una stanza intera da trasformare in tempio. Si prepara un altare con la fotografia di Sri Krishna, alla sinistra vedrete Srimati Radharani, la sua eterna compagna. Radharani è la potenza di piacere di Krishna ed è lei che concede l’amore per Dio al devoto sincero. Poi si mette sull’altare la fotografia di un maestro spirituale cosciente di Krishna. Egli accetta l’offerta al discepolo e la trasmette al proprio maestro spirituale, che a sua volta la offre al proprio maestro. È una catena, l’offerta sale così fino a Krishna attraverso la successione dei Maestri. I devoti del Movimento Hare Krishna hanno sempre una fotografia di Srila Prabhupada, il maestro spirituale fondatore dell’Associazione Internazionale per la Coscienza di Krishna e se un devoto è discepolo di uno dei suoi discepoli tiene sull’altare anche la foto del proprio maestro.

Da quando si fa la spesa al momento di cucinare i devoti meditano sul modo di soddisfare Krishna. Cercano la frutta e le verdure più fresche e della migliore qualità. Si fa attenzione agli ingredienti che vengono accuratamente scelti per ogni alimento. Ad esempio vengono esclusi il caglio (fatto con un enzima estratto dallo stomaco dl vitello e usato per preparare il formaggio), la gelatina (ossa, zoccoli e carne bolliti, poi usati per addensare il cibo), e la lecitina (se non è scritto “lecitina di soia” potrebbe derivare dall’uovo). Inoltre tutto ciò che contiene aglio e cipolla non può essere offerto a Krishna perché secondo i Veda queste sostanze favoriscono l’influsso dell’ignoranza. Una volta che avete scelto i prodotti freschi senza fertilizzanti chimici nè pesticidi, siete pronti per cucinare per lui.

piatto con diversi cibi vegetariani

Credit foto
© Pexels

Il cuoco mentre cucina pensa al piacere di Krishna e non al proprio. Il canto di mantra Hare Krishna e l’ascolto dei canti devozionali lo aiutano a ricordare Krishna e ad evitare discorsi materiali in cucina. La purezza e la pulizia sono molto importanti. Prima di entrare in cucina il cuoco deve purificare il corpo e la mente e indossa abiti puliti. La cucina stessa e i piani di lavoro devono essere perfettamente puliti. Krishna accetterà un’offerta molto semplice preparata in una cucina pulita, ma non accetterà un’offerta elaborata che venga da una cucina sporca. Potrà sorprendervi ma il cuoco non assaggia mai il cibo prima che sia offerto, nemmeno per controllare il sale o la cottura. Krishna deve essere il primo a gustare il cibo e l’esperienza insegna al cuoco a valutare la giusta dose di condimento.

Più la nostra coscienza è assorta nel pensiero di soddisfare Krishna, più Krishna gusta l’offerta. Gli possono essere offerti i piatti migliori, ma ciò che lo attira è la nostra sincerità. L’amore e la devozione sono gli ingredienti essenziali. Solo dopo l’offerta a Krishna, si trasferisce il prasada ( cibo offerto) su un piatto di portata, si lava il piatto con le sue scodelline e lo si ripone in ordine. Solo ora si può servire i commensali in tavola. In altre parole se mangiamo pensando al prasada come ad una manifestazione della misericordia di Krishna, smettiamo di mangiare e iniziamo a rispettare. Rispettando Krishna sotto forma del prasada, lo soddisfiamo, e quando Krishna è soddisfatto lo è anche il suo devoto. Questo è il vero yoga, la vera unione con il Supremo. Il semplice gesto di offrire il cibo risveglia a un insegnamento essenziale dei Veda: tutto proviene da Krishna e tutto dovrebbe essergli offerto di nuovo per il suo piacere.

Prima di augurare un buon appetito a tutti vorrei concludere con una ricetta assaggiata in un centro Hare Krishna di Milano, mi è entrata dritta nel cuore ed ha risvegliato veramente la mia coscienza:

Palak ciawal

Ingredienti
300 g di riso
250 g spinaci freschi
1 C di ghi ( burro chiarificato)
2 foglie di alloro
1 c di coriandolo in polvere
600 ml di acqua
sale
100 g di arachidi non salate è leggermente tostate ( facoltative)
pepe nero macinato

Tempo di preparazione e cottura dai 30/40 minuti

Lavate il riso e scolatelo. Lavate bene gli spinaci e fateli scolare. Ammorbidite le foglie scottandole, passatele in un colino sotto l’acqua fredda e tagliatele a pezzettini. In una pentola media scaldate il ghi e soffriggete la foglia di alloro con il coriandolo in polvere. Aggiungete subito il riso e soffriggete mescolando finché i grani diventano lucidi. Aggiungete gli spinaci, mescolate per un minuto, poi versate nella pentola l’acqua, salate e portate a ebollizione. Coprite e lasciate cuocere a fuoco basso per 15 minuti. Se aggiungete anche le arachidi, aggiungetele senza mescolare 5 minuti prima di spegnere la fiamma. Pepate e sgranate il riso con una forchetta prima di servire.

Barbara Baccini

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