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Scuola e Pedagogia

Compiti delle Vacanze Si o No? Ecco due punti di vista per una Riflessione Interessante

Di Valeria Bonora - 22 Dicembre 2015

E come ogni volta che arrivano le vacanze c’è sempre quel professore, quell’insegnante o quella maestra che vanno controcorrente e invece di caricare gli alunni di compiti, raccomandano di non darne o di dare compiti alternativi come fece il professor Cesare Catà che diede ai suoi alunni una lista di compiti per le vacanze davvero speciali oppure come la Lista dei compiti delle vacanze di Echino.

Compiti delle Vacanze

Fatto sta che anche quest’anno, proprio prima delle vacanze di Natale si può leggere un intervento su ilLibraio.it, dell’insegnante e blogger che si firma con uno pseudonimo, Isabella Milani, la quale esprime la sua personale teoria sul perché non si dovrebbero assegnare compiti per le vacanze ai bambini.

❝Mi rivolgo agli insegnanti di tutti gli ordini di scuola.

Cari colleghi, vorrei fare qualche riflessione sulle vacanze natalizie. E mi piacerebbe che leggeste senza pensare a quello che avete fatto fino a oggi.

Facciamoci qualche domanda e diamoci qualche risposta nuova. Che cosa sono le “vacanze natalizie” e perché sono state istituite? Le vacanze natalizie esistono perché ogni bambino, ogni ragazzo possa trascorrere le feste (vigilia di Natale, giorno di Natale, secondo giorno di Natale, ultimo giorno dell’anno, Capodanno e – non sempre – l ’Epifania) con i genitori, con i nonni, con i parenti. Qualcuno, in quei giorni, ha la possibilità di fare brevi viaggi per visitare luoghi o per raggiungere parenti lontani. Si legge di più, si dorme di più, si va di più al cinema, si vanno a trovare gli amici, si sta più insieme. E questo, oggi, vale anche per chi non è di religione cattolica.

Le vacanze natalizie durano circa due settimane. Sono troppo lunghe? Nessuno meglio di noi insegnanti sa che non sono troppo lunghe. Abbiamo bisogno di riposare e abbiamo bisogno di vivere al di fuori della scuola. Perché la vita, cari colleghi, non è solo quella che si vive in classe o sui libri. Né per noi né per i nostri alunni.

Lo sappiamo tutti, ma sembra che molti di noi – fortunatamente non tutti – se lo dimentichino nel momento in cui una vocina ci dice “devi dare i compiti per le vacanzeeee!”, “Se non dai i compiti per le vacanze non sei un bravo insegnanteee”. Proviamo a non ascoltare la vocina.

La parola “vacanza” e la parola “compito” sono in contraddizione tra loro. “Vacanza” significa “libero da occupazioni”. Il “compito” è un “lavoro imposto”. Perché, allora, dobbiamo dare dei compiti, se sono vacanze? Qualcuno di voi risponderà “perché abbiamo sempre fatto così”, qualcun altro “perché se – soprattutto i bambini più piccoli – stanno tanti giorni senza far nulla, si disabituano a studiare, perdono il ritmo”, oppure “è utile ripassare e fare esercizi”.

Vi domando: ma veramente pensate che ci sia un ritmo da mantenere e che, semmai, i vostri alunni possano perderlo e non si possa riprenderlo in una giornata o due, quando sono più riposati? Pensate che il ripasso e l’esercizio che i ragazzi sono costretti a fare, spesso dietro insistenze di genitori furibondi, servano davvero? Pensate che sia utile, a gennaio, passare pomeriggi interi a correggere i compiti delle vacanze? Pensate che correggere (o, addirittura, non correggere) un compito molti giorni dopo la stesura possa davvero servire a qualcosa? Quando eravate studenti quante volte avete controllato le correzioni che l’insegnante vi faceva sul quaderno che vi riconsegnava con il voto?

Il problema dei compiti delle vacanze non è un falso problema. Continuare a riempire di compiti i ragazzi, senza porsi minimamente il problema di valutare se servono davvero, se sono troppi, se costringono i ragazzi a maledire la scuola, se costringono i genitori a maledire gli insegnanti significa che siamo troppo legati a un passato che non ha più senso.

Non ha più senso né per i bambini piccoli, che dovrebbero dedicarsi al vero compito di ogni bambino, cioè giocare, né per gli adolescenti, che oggi, attraverso internet, hanno modo di leggere, di scrivere, di guardare video e film, di ascoltare musica. Se un ragazzo delle scuole superiori non capisce che può, e deve, sfruttare alcuni dei giorni di vacanza per prepararsi, per ripassare, per leggere dei libri che potranno servirgli durante l’anno, per rivedere – magari insieme a qualche compagno – esercizi e lezioni che non ha assimilato; se non approfitta del tempo libero che finalmente ha per leggere, sono più che sicura che non imparerà nulla di più obbligandolo a svolgere dei compiti delle vacanze che, ormai lo sappiamo tutti, sarà in grado di copiare da internet o di farsi passare via whatsapp da amici di facebook di tutta Italia.

I compiti delle vacanze li fanno con coscienza (anche se magari controvoglia) proprio quelli che studiano regolarmente e che quindi sarebbe meglio che si riposassero, o quelli che hanno dei genitori che possono aiutarli, mandarli a lezione o – capita più spesso di quanto si creda – farglieli loro. E quelli che hanno famiglie che non sono in grado di sollecitarli a fare il loro dovere andranno a scuola senza compiti e prenderanno brutti voti, puniti per essere svantaggiati.

I compiti delle vacanze servono, allora? A me sembra proprio di no. I bambini più piccoli dovrebbero giocare tranquilli e leggere qualche bel libretto.

Gli adolescenti potrebbero – senza imposizioni – ripassare quello che sanno di avere studiato poco e leggere un libro. Direi che un libro basta, perché è più di quello che molti di noi – che pure siamo insegnanti – riescono a leggere durante le vacanze natalizie.

“A Natale siamo tutti più buoni” si dice. Cominciamo dai compiti per le vacanze. Non diamoli più.❞

Se per gran parte della lettera di questa insegnante si può essere d’accordo c’è però da dire che proprio per quei genitori che lavorano tutto il giorno durante l’anno, è importante sapere quello che i loro figli fanno a scuola, e fare i compiti insieme, leggere un libro, scrivere un tema, può essere un esercizio utile per capire il grado di preparazione, vedere dove è arrivato il proprio figlio con il programma scolastico e valutare l’impegno che lo stesso mette nell’andare a scuola e imparare… e non è così scontato per tutti, conosco genitori che arrivano tardi la sera e che non riescono a stare dietro ai propri figli, non per disinteresse ma perché alla sera entrambi sono stanchi e si parla di altre cose importanti.

con i genitori

Un momento con i propri figli per farli sentire grandi e responsabili, insegnando loro che non è un lavoro o un sacrificio quello di imparare.

I compiti vanno dati con lo scopo di aiutare anche chi fa più difficoltà a mettersi in pari, e a spronare chi invece è già bravino, non certo per essere valutati o penalizzati. Ci sono insegnanti che danno montagne di compiti perché magari sono rimasti indietro col programma e ci sono insegnanti che ne danno tanti perché credono che così miglioreranno, ma i compiti devono essere uno spunto per l’alunno, non un obbligo tassativo e secondo me anche non darne nessuno non è una cosa corretta, basta un libro da leggere e qualche esercizio, perché diciamocelo chiaro nessun bambino o ragazzo si metterà a leggere un libro di sua spontanea volontà durante le vacanze, anzi è più probabile che si attacchino alla tv o alla console con il nuovo gioco ricevuto a Natale.

Quindi NO ai troppi compiti ma SI agli spunti per una lettura, anche solo l’idea di tenere un diario delle vacanze, un paio di esercizi per tenere a mente che la scuola non è un lavoro che termina quando non si è in aula, perché non si stacca mai la spina dall’imparare, non si deve mai spegnere il cervello.

E poi se si prendono col piede giusto 10-15 minuti al giorno per leggere o scrivere non sono certo un dramma, insegniamo ai bambini a viaggiare con un libro sotto mano… è un modo anche per loro di sentirsi grandi senza fargli pesare il “compito”.

Compiti delle Vacanze

Con un libro si viaggia meglio

Paragonare la scuola ad un lavoro per me è un errore di base, paragonare la scuola ad un ufficio che una volta chiuso finisce e si pensa ad altro è come ammettere che l’imparare sia una cosa da fare solo in orari fissi e non durante tutta la propria vita e questo è davvero limitante perché non si deve mai smettere e soprattutto di entusiasmarsi nell’imparare.

Voi cosa ne pensate?

Valeria Bonora





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