Primo piano
Spiritualità

Essere devoti non vuol dire sottomettersi ma trovare il divino in sé

Di Giordana - 10 Novembre 2015

Devozione è una parola complessa, che racchiude in se molti aspetti apparentemente contraddittori, come la rinuncia, la fede cieca, l’affidarsi. In Occidente è vista o come una manifestazione suprema di fede o al contrario, come una forma di alienazione dal se, una forma di sottomissione ad un dio o ad un maestro.

In realtà la questione è più complessa, qui ci dedicheremo in particolare a quello che è la devozione nelle filosofie orientali, per cercare di capire cosa vogliono dire i riti e le forme di ossequioso rispetto in cui a volte ci troviamo coinvolti, ad esempio durante una classe di yoga o di altre discipline orientali, senza sapere esattamente perché e senza conoscere veramente il significato di ciò che stiamo facendo.

timthumb

Ci possiamo trovare in situazioni in cui ci viene chiesto di essere devoti verso l’insegnante e ciò che rappresenta, di omaggiare lei/lui e i maestri che “incarna”. Questa richiesta può suscitare una reazione di rifiuto dovuta alla percezione della devozione come una sorta di inchino all’autorità, un abbassarsi alla volontà e al giudizio di qualcuno che non conosciamo spesso, se non per sentito dire.

Bisogna però soffermarsi sul significato del termine devozione. La via della devozione, infatti, è una delle vie che portano all’elevazione del sé e alla conoscenza, non è intesa come una rinuncia alla propria volontà o un abbandono totale, (come può essere nelle forme devozionali occidentali), ma come un superamento dell’Ego a favore del vero Sé.

candele

Il riconoscimento della sacralità dell’altro, del maestro, della divinità, che può essere ritrovata e riconosciuta in tutto, non ci allontana da noi stessi, ma al contrario ci porta ad un riconoscimento della nostra stessa sacralità, perché ciò a cui siamo devoti non è altro che la stessa divinità che alberga in noi, che costituisce il nostro sé e il cosmo tutto.

Si può essere devoti agli insegnamenti che ci permettono di evolverci, come accade in alcune scuole buddiste, a chi ha già percorso un pezzo di cammino in più ed è disposto a donarci ciò che ha imparato fin qui, si è devoti ed allo stesso tempo grati. Devoti, non inchinati e sottomessi, ma consapevolmente riconoscenti alla via che abbiamo deciso di percorrere e che nessuno ci obbligherebbe mai a continuare.

Per esempio, per capire questo si può pensare a chi decide per un periodo di dedicarsi alla pratica buddista come monaco e poi, senza obbligo alcuno, può decidere di abbandonarla e poi di riprenderla ancora se vuole.

Nell’induismo, riconoscendo la sacralità al di fuori di noi riconosciamo la nostra e la liberiamo dai vincoli dell’ego, la Bhakti, la via della devozione, per l’induismo non è altro che una delle vie che confluiscono nel Karma, la via dell’azione. Essendo devoti si separa l’ego dal sé e si arriva alla conoscenza, in base alla conoscenza che abbiamo agiamo e siamo in grado di relazionarci con le scelte che ci vengono poste davanti durante il nostro cammino.

essere-devoti-oriente

La Bagavad Gita, uno dei testi base dell’induismo, cita così a proposito del devoto:

Il vero devoto

(13) Colui che non concepisce inimicizia per alcun essere vivente, che nutre sentimenti amichevoli e di compassione, che è libero da egoismo ed egocentrismo, che ha un identico equi librio nel piacere e nel dolore, che è tollerante,
(14) lo Yogi che è sempre soddisfatto, che ha lo spirito domo, che è fermamente risoluto, che ha la mente e l’intelletto su di me fissi, lui appunto, che è a me devoto, mi è caro.
(15) Colui dal quale il mondo non è agitato e che non si agita a causa del mondo, colui che è libero da gioia e da collera, da paura e da agitazione, quello appunto è a me caro.
(16) Colui che intorno a sé non riguarda come in attesa, che è puro, che è atto all’agire, indifferente, esente da turbamento, che ha rinunciato ad ogni intrapresa, quello appunto, che a me è devoto, mi è caro.
(17) Colui che non gioisce e non odia, non soffre e non spera, che ha rinunciato a ciò che è buono e a ciò che buono non è, lui appunto, il devoto, mi è caro.
(18) Colui che è uguale sempre per il nemico e per l’amico, colui che ugualmente si comporta in vista di onore e d’infamia, che è sempre uguale nel freddo e nel caldo, nel piacere e nel dolore, colui che è libero da attaccamento,
(19) colui che nello stesso modo considera il biasimo e la lode, che mantiene il silenzio, che di qualsiasi cosa è soddisfatto, che non ha dimora fissa , che è saldo nello spirito, un uomo siffatto, che è a me devoto, mi è caro.
(20) Ma coloro che seguono questa immortale dottrina come è stato insegnato, con fede, e avendo me come fine supremo, quei devoti, mi sono cari in modo particolare.

Bhagavad Gita – Cap. 12: Bhakti Yoga, o la Via della Devozione
La fede nel Dio personale è superiore alla meditazione sull’Assoluto
Devozione e Contemplazione

Ci sono vari livelli di devozione, una è la devozione di chi si consacra ad una vota di ascetismo, altra è la devozione di chi si dedica alla conoscenza del sé e ad un percorso di distacco all’interno della vita quotidiana. In ogni caso il devoto viene individuato come colui che pratica il distacco e non la pregiera. Ciò non toglie che ci siano poi forme di indottrinamento più o meno rigide anche in oriente, ma se si va al cuore della filosofia orientale, la devozione acquista un significato diverso.

la-processione-di-ganeshorig_main

E’ fondamentale non mischiare la devozione profonda con il festeggiamento della divinità. La divinità viene festeggiata per propiziare, per chiedere favori, il festeggiamento non è devozione e su questo si crea una grandissima distanza tra oriente ed occidente. Nella devozione orientale c’è assenza di sacrificio. Il vero e primo soggetto di devozione è la conoscenza e di conseguenza il portatore di conoscenza diventa a sua volta oggetto di devozione, ma non in quanto equiparato ad un dio, bensì perché in grado di mostrarci il divino che è in ognuno di noi. Le cosiddette astinenze, invece, che possono rappresentare un percorso difficile e consistono in varie forme di rinuncia, sono parte integrante della meditazione.

Le discipline orientali che sono state e sono riportate in occidente possono essere uno spunto per lavorare su se stessi, distaccandosi dall’ego per ascoltare il sé. In ogni caso, qualunque sia la vostra via, cercate di essere devoti alla gioia!

Bhakti-Yoga

 

Giordana Pagliarani





Newsletter
Iscriviti alla nostra newsletter e ricevi subito una speciale meditazione in omaggio!




© 2022 Copyright Media Data Factory S.R.L. - I contenuti sono di proprietà di Media Data Factory S.R.L, è vietata la riproduzione.
Media Data Factory S.R.L. sede legale in via Guercino 9 20154 Milano - PI/CF 09595010969