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Test per la sindrome di Down, polemiche in Germania

Di Valeria Bonora - 22 Agosto 2012

Da oggi, in Germania, è possibile acquistare un test “fai da te” per diagnosticare la sindrome di Down già alla dodicesima settimana di vita del feto.
L’esame si basa su un’analisi del sangue della madre perchè circa il 10% di frammenti di Dna nel sangue di una donna in gravidanza appartiene al feto, per cui sarà sufficiente prelevare un campione di plasma della futura madre e analizzarlo per scoprire eventuali alterazioni del patrimonio genetico del nascituro.
Ad esempio, se il feto ha tre cromosomi 21 anziché due, come avviene nei soggetti affetti dalla sindrome di Down, si riscontrerà anche un relativo aumento della quantità di tracce di cromosoma 21 nel sangue della madre. I test condotti su 18 donne incinte alla decima settimana di gestazione hanno permesso di individuare nove casi di trisomia 21 (sindrome di Down), due casi di trisomia 18 (sindrome di Edward) e un caso di trisomia 13 (sindrome di Patau)
“Prenatest”, questo il nome, è stato messo a punto dalla casa farmaceuticaLifeCodexx in Germania ed è disponibile unicamente per le donne che si trovano alla dodicesima settimana di gravidanza e quando si sospetta che vi sia un alto rischio di trisomia 21 per il nascituro.
In Germania la commercializzazione di questo testa ha suscitato parecchie polemiche ancora mentre era in fase di studio, molte associazioni per disabili e quelle pro-life si sono indignate davanti a questo test convinte che spingerà le donne verso un aborto incontrollato e “troppo facile”.
Secondo il delegato alla tutela dei disabili del Bundesregierung, Hubert Hueppe, già oggi, il 90% dei genitori ai quali l’amniocentesi rivela la presenza della trisomia 21 nel nascituro decide per l’aborto e ne ha chiesto il divieto di commercializzazione per violazione dei diritti umani. A giugno la Federazione Internazionale degli affetti da sindrome di Down (30 associazioni in 16 Paesi) aveva protestato davanti alla Corte europea dei Diritti Umani.
Ora è da decidere se il test sia un bene o un male. A suo pro ha il fatto della totale non invasività rispetto alla procedura dell’amniocentesi, che a volte risulta rischiosa per il feto e si può eseguire solamente alla sedicesima settimana di vita del feto.
Daltro canto è vero che un test effettuato a dodici settimane può indurre maggiormente i genitori a decidere per l’aborto.
Dal canto mio io credo che sia giusto che la madre e il feto non debbano subire interventi invasivi e comunque i genitori devono essere informati sulla “diversità” del futuro nascituro, sia per prepararsi ad una vita un pochino più difficile, ma sopratutto per prepararsi psicologicamente anche attraverso gruppi di supporto o associazioni per la sindrome di Down.
La trisomia è un’anomalia genetica dovuta alla presenza di un cromosoma, l’unità di Dna dal quale dipendono le caratteristiche fisiche e il sesso, in più: sono 47 invece di 46. Nella sindrome di Down c’è un cromosoma 21 in più generalmente in tutte le cellule, determinando così uno sviluppo diverso da soggetto a soggetto delle capacità linguistiche e psicomotorie, ed è giusto, a parer mio, che i genitori ne siano informati.
 





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