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Leggere rende più empatici

Di Valeria Bonora - 26 Marzo 2015

leggere rende più empatici
Si è sempre detto che leggere accresce la cultura ma fa anche molto di più: leggere rende più empatici; a dimostrarlo ci sono degli studi pubblicati nel 2006 e nel 2009 da Raymond Mar, uno psicologo della York University in Canada, e Keith Oatley, professore emerito di psicologia cognitiva presso l’Università di Toronto.

Questi due illustri personaggi riescono a dimostrare come gli individui che leggono spesso narrativa sembrano essere maggiormente in grado di capire gli altri ed entrare in empatia con loro vedendo e percependo il mondo dalla loro prospettiva. Inoltre il collegamento è anche inverso, chi è più empatico, potrebbe avere voglia di leggere più romanzi rispetto agli altri. Questa connessione tra empatia e lettura è stata riscontrata anche nei bambini, le storie che vengono lette ai bambini li rendono più acuti nel “sentire” gli altri.

La lettura approfondita di un libro, romanzo o altro genere, è abbastanza in contrapposizione con la lettura superficiale che viene fatta con i quotidiani o su internet, e purtroppo è un tipo di lettura in via d’estinzione, e andrebbe preservata come vengono preservati gli edifici storici o i quadri di grandi artisti; se la lettura approfondita scomparisse potrebbe metterne in pericolo lo sviluppo intellettuale ed emotivo delle generazioni future, così come il perpetuarsi di una parte fondamentale della nostra cultura: i romanzi, poesie e altri tipi di letteratura che possono essere apprezzati solo dai lettori il cui cervello è stato formato per comprenderli.

La ricerche in campo di scienze cognitive, psicologia e neuroscienza ha dimostrato che la lettura lenta, coinvolgente, ricca di dettagli sensoriali e complessità emotiva e morale, è un’esperienza, di natura diversa dalla semplice decodifica di parole.

La lettura di un libro su carta non è una limitazione, non ha distrazioni come ad esempio collegamenti ipertestuali da cliccare e quindi consente di rimanere focalizzati, e completamente immersi nella narrazione.

L’immersione nella lettura profonda di un libro è supportata dal modo in cui il cervello gestisce un linguaggio ricco di particolari, allusioni e metafore creando una rappresentazione mentale che attinge alle stesse regioni del cervello che verrebbero attivate se la scena si svolgesse nella vita reale. Le situazioni emotive e i dilemmi morali che si trovano nella letteratura sono anche un vigoroso esercizio per il cervello, che fanno entrare nei panni dei personaggi di fantasia aumentando la nostra capacità di essere empatici nella vita reale.

La lettura che avviene sul web ha lo stesso nome della lettura di un libro, ma non ha nulla a che vedere con essa: la lettura on-line può essere meno coinvolgente e meno soddisfacente, anche per i “nativi digitali”, per i quali è così familiare.

Chi si ritrova a leggere solo sullo schermo ha tre volte meno probabilità di dire che gli piace leggere e un terzo in meno di probabilità di avere un libro preferito.

Gli esseri umani non sono mai nati per leggere“, osserva Maryanne Wolf, direttore del Centro di ricerca per la lettura e la lingua presso la Tufts University e autore di Proust e il Calamaro: la storia e la scienza della lettura cervello.

Ma hanno la capacità di comprendere e produrre un linguaggio parlato, che in circostanze normali si snoderà secondo un programma dettato dai geni, mentre la capacità di lettura deve essere accuratamente acquisita da ogni individuo.

I “circuiti di lettura” che vengono acquisiti e costruiti nel tempo sono elaborati da parti del cervello evolute per altri scopi e questi circuiti possono essere deboli o forti, a seconda di quanto spesso e quanto energicamente li usiamo.

Non a caso si dice che “il cervello è come un muscolo, e come tale va allenato”.

Oggi la lettura dei giovani è pragmatica e strumentale: il critico letterario Frank Kermode la definisce “lettura carnale” e se lasciamo che essi pensino che questo tipo di lettura sia tutto quello che c’è e non insegniamo loro che esiste una “lettura spirituale”, avremo rubato loro una piacevole esperienza estatica che non potrebbero altrimenti incontrare.

C’è bisogno di ingegnare a leggere ai bambini, di mostrare loro un posto nel quale non sono mai stati, un luogo dove solo la lettura profonda può portarli.

Valeria Bonora





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