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Scandalo Inquinamento: Gli Enti Sapevano dell'acqua Contaminata ma 700mila Persone hanno Continuato a Berla [video]

Di Valeria Bonora - 9 Aprile 2014

Il processo davanti alla corte d’Assise di Chieti è iniziato solo lo scorso anno con le ipotesi di disastro ambientale doloso e avvelenamento delle acque ad uso potabile.

Fino a tutti gli anni ‘60 il sito industriale chimico di Bussi (Pescara) ha sversato una tonnellata al giorno di veleni residui della produzione nel fiume Tirino.

Già nel 1972 il Comune di Pescara inviò una lettera firmata dell’assessore Contratti, ai vertici della Montedison di Bussi nella quale chiedeva di rimuovere i rifiuti tossici interrati nel sito perché costituivano un pericolo di inquinamento concreto per le falde acquifere dell’acquedotto Giardino che forniva l’acqua potabile a tutta la Val Pescara.

Nel 2004, l’acqua che arrivava ai cittadini era contaminata dalla gigantesca discarica Montedison di Bussi e bisognava vietarne l’erogazione entro 24 ore…. siamo nel 2014… sono passati 10 anni… Eppure l’acqua non è mai mancata ai cittadini.

La Montedison sapeva che stava inquinando, in un documento interno dell’azienda la stessa Montedison segnalava che l’acidità delle scorie avrebbe potuto sciogliere i cassoni di cemento utilizzati per seppellire i rifiuti industriali.

Luciana Di Croce, il direttore tecnico dell’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente di Pescara, diede l’allarme al comandante della Forestale di Pescara, Guido Conti, il 29 luglio del 2009:

“Dal momento che è stata accertata la presenza di sostanze potenzialmente a rischio per la salute umana… Sarebbe stato necessario vietare l’erogazione e la distribuzione delle stesse acque, data la possibilità di fonti idriche alternative”.

Il grande polo chimico di Montedison, per anni ha contaminato l’acqua di 700mila cittadini che la bevevano e la utilizzavano ignari di tutto, almeno sino al 2007, anno in cui la forestale sequestrò la discarica e mise i sigilli all’acquedotto.

Le dichiarazioni della Di Croce proseguirono:

“Considerato che, nel caso di specie, la contaminazione riguarda le acque prima dell’attingimento per il consumo e quindi acque sotterranee, il superamento dei parametri. Avrebbe dovuto comportare l’attivazione delle procedure operative e amministrative… In capo al soggetto responsabile dell’inquinamento, e la messa in opera entro 24 ore delle misure necessarie di prevenzione, nonché l’onere di immediata comunicazione alle autorità competenti”.

Già a Settembre del 2004 il comune di Bussi, la Regione e l’Asl erano state avvisate dall’Azienda consortile acquedottistica di Pescara attraverso una lettera:

“le risultanze analitiche attestano un inquinamento da tetracloroetilene, tricloroetilene e cloroformio dalla falda dei pozzi Sant’Angelo di Castiglione a Casauria, nonostante sia garantita la potabilità grazie alla miscelazione con la sorgente Giardino”.

E anche la Di Croce interviene sull’argomento della miscelazione delle acque:

“la diluizione di acque potabili inquinate per riportarle ai limiti di legge non è consentita… Tale operazione inoltre non comporta un’accertata diminuzione del rischio per la salute umana, dal momento che la miscelazione non può essere tenuta costantemente sotto controllo e monitorata”.

Dopo tre anni, a Febbraio del 2007 l’Aca redige una specie di relazione e la consegna al Prefetto, riguardante l’uso dell’acqua dei pozzi e alla miscelazione con l’Acquedotto del Giardino:

“non si configura il caso della miscelazione vietata… ma trattasi semplicemente del ‘trasporto’ in un’unica condotta di acqua di diversa provenienza ma entrambe con caratteristiche di potabilità”.

Quindi il trasporto in un’unica condotta non implica che le due acque si mescolino… Assurdo…

A gridare allo scandalo è Augusto De Sanctis del Forum abruzzese Movimenti per l’acqua,

“sarebbe tragicomico se non parlassimo di uno dei peggiori scandali ambientali e sanitari d’Europa, vissuto sulla pelle di bambini, anziani e donne incinte. Così invece rimane solo il lato tragico”.

Nel Luglio del 2009 è Massimo Ottaviani, direttore del reparto Igiene delle acque interne dell’Istituto superiore di sanità, che espone le sue preoccupazioni a rigurado:

“In questo caso, la miscelazione non poteva comportare una diminuzione del rischio per la salute umana, condivido quanto esposto dalla dottoressa Di Croce… Inoltre tengo ad aggiungere che la presenza di queste sostanze è un potenziale rischio per la salute dell’essere umano”.

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