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L'Enciclica di Papa Francesco e i suoi meravigliosi appelli etici al mondo

Di Elena Bernabè - 20 Giugno 2015

Pope Francis Visits Sardinia

I Papi solitamente scrivono delle Encicliche, ovvero delle lettere pastorali che riflettono su temi sociali, etici e morali, indirizzate a tutti i fedeli. L’ultima enciclica è quella di Papa Francesco, pubblicata il 24 maggio scorso. Un testo di 187 pagine degna di nota per moltissimi motivi.

Innanzitutto per il titolo. E’ infatti denominata “Laudato Si’” a ricordare il meraviglioso “Cantico delle Creature” di San Francesco d’Assisi, un vero e proprio inno alla vita, un testo che ogni persona dovrebbe conoscere a memoria, parole da avere bene in vista in casa per poterle rileggere durante la propria quotidianità, forse il componimento più significativo, intenso, completo ed importante per ogni individuo.

L’enciclica di Papa Francesco inizia parlando della Natura e di come l’uomo la stia drammaticamente distruggendo non rendendosi conto che alla fine sta distruggendo anche lui stesso. Scrive che questo allarme ambientale non arriva solo da lui ma lo hanno lanciato i Papi che lo hanno preceduto e anche i grandi rappresentanti delle varie religioni di tutto il mondo.

E poi richiama San Francesco e dichiara di aver scelto il proprio nome papale perchè lo considera la sua guida. E’ stato l’amico degli animali, della natura, dei sofferenti, dei più poveri. Viene ricordato per aver abbandonato il superfluo e la ricchezza e per aver abbracciato la povertà intesa come valore importante e grande insegnamento di vita. La sua tenace ribellione alla società e alla famiglia per poter seguire i suoi ideali viene ricordata con grande ammirazione.

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Nell’Enciclica parlando di San Francesco si legge che: “La sua testimonianza ci mostra anche che l’ecologia integrale richiede apertura verso categorie che trascendono il linguaggio delle scienze esatte o della biologia e ci collegano con l’essenza dell’umano. Così come succede quando ci innamoriamo di una persona, ogni volta che Francesco guardava il sole, la luna, gli animali più piccoli, la sua reazione era cantare, coinvolgendo nella sua lode tutte le altre creature. Egli entrava in comunicazione con tutto il creato, e predicava persino ai fiori e «li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione »”.

San Francesco era proprio così: non dava niente e nessuno per scontato. Un uccellino o un passante erano degni di attenzione totale e di dedizione passionale.

E continuando a parlare di lui scrive “Il suo discepolo san Bonaventura narrava che lui, « considerando che tutte le cose hanno un’origine comune, si sentiva ricolmo di pietà ancora maggiore e chiamava le creature, per quanto piccole, con il nome di fratello o sorella ». Questa convinzione non può essere disprezzata come un romanticismo irrazionale, perché influisce sulle scelte che determinano il nostro comportamento. Se noi ci accostiamo alla natura e all’ambiente senza questa apertura allo stupore e alla meraviglia, se non parliamo più il linguaggio della fraternità e della bellezza nella nostra relazione con il mondo, i nostri atteggiamenti saranno quelli del dominatore, del consumatore o del mero sfruttatore delle risorse naturali, incapace di porre un limite ai suoi interessi immediati. Viceversa, se noi ci sentiamo intimamente uniti a tutto ciò che esiste, la sobrietà e la cura scaturiranno in maniera spontanea”.

Dobbiamo un pò ritornare bambini, o meglio risvegliare il bambino che è in ognuno di noi e rivivere la meraviglia nell’incontrare una coccinella o lo stupore nel vedere un arcobaleno. Tutti da bambini rimanevamo a bocca aperta di fronte ad ogni minimo dettaglio della natura, spiritualmente ci inchinavamo ad essa perchè ci veniva naturale, avevamo il tempo, la voglia e lo stato d’animo per farlo. Poi quel bambino si è pian piano nascosto: è il momento di farlo rifiorire e di farlo scoppiare d’entusiasmo grazie alla consapevolezza, alla comprensione e all’equilibrio che sono un adulto può aver raggiunto.

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La natura è la nostra casa e la dobbiamo proteggere e venerare. Coltiviamola in modo rispettoso e sano e lasciamo spazio anche alla sua più naturale manifestazione. Dopotutto come scrive Papa Francesco parlando sempre del fraticello d’Assisi egli “chiedeva che nel convento si lasciasse sempre una parte dell’orto non coltivata, perché vi crescessero le erbe selvatiche, in modo che quanti le avrebbero ammirate potessero elevare il pensiero a Dio, autore di tanta bellezza”.

L’enciclica continua analizzando la situazione sociale, relazionale e culturale in relazione all’aspetto ecologico.

Innanzitutto viene presa in esame la velocità che contraddistingue la nostra vita. Egli parla principalmente della velocità del progresso ma si può benissimo collegare anche al nostro modo di vivere. Si legge a tal proposito “La continua accelerazione dei cambiamenti dell’umanità e del pianeta si unisce oggi all’intensificazione dei ritmi di vita e di lavoro, in quella che in spagnolo alcuni chiamano “rapidación” (rapidizzazione). Benché il cambiamento faccia parte della dinamica dei sistemi complessi, la velocità che le azioni umane gli impongono oggi contrasta con la naturale lentezza dell’evoluzione biologica”.

Abbiamo davvero perso i ritmi biologici di tutto. Dobbiamo farci guidare dalla natura in questo, solo con il suo aiuto possiamo ristabilire un ritmo più lento e sano. L’alternarsi delle stagioni, del buio e della notte, il processo che porta il seme a diventare pianta… sono tutti fenomeni da osservare e da seguire. Non sono le lancette dell’orologio che devono scandire la nostra vita ma il ritmo sensato e naturale della natura che deve farci da guida.

Un tema che viene analizzato e descritto in modo chiaro e completo è quello dell’inquinamento. Un Papa che tratta di questo argomento è significativo poichè riesce finalmente a dare il giusto peso a questo grande problema mondiale.

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Queste le sue parole.

Esistono forme di inquinamento che colpiscono quotidianamente le persone. L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature. Ci si ammala, per esempio, a causa di inalazioni di elevate quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o per riscaldarsi. A questo si aggiunge l’inquinamento che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale. La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri. C’è da considerare anche l’inquinamento prodotto dai rifiuti, compresi quelli pericolosi presenti in diversi ambienti. Si producono centinaia di milioni di tonnellate di rifiuti l’anno, molti dei quali non biodegradabili: rifiuti domestici e commerciali, detriti di demolizioni, rifiuti clinici, elettronici o industriali, rifiuti altamente tossici e radioattivi. La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia. In molti luoghi del pianeta, gli anziani ricordano con nostalgia i paesaggi d’altri tempi, che ora appaiono sommersi da spazzatura.

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Tanto i rifiuti industriali quanto i prodotti chimici utilizzati nelle città e nei campi, possono produrre un effetto di bio-accumulazione negli organismi degli abitanti delle zone limitrofe, che si verifica anche quando il livello di presenza di un elemento tossico in un luogo è basso. Molte volte si prendono misure solo quando si sono prodotti effetti irreversibili per la salute delle persone. Questi problemi sono intimamente legati alla cultura dello scarto, che colpisce tanto gli esseri umani esclusi quanto le cose che si trasformano velocemente in spazzatura. Rendiamoci conto, per esempio, che la maggior parte della carta che si produce viene gettata e non riciclata. Stentiamo a riconoscere che il funzionamento degli ecosistemi naturali è esemplare: le piante sintetizzano sostanze nutritive che alimentano gli erbivori; questi a loro volta alimentano i carnivori, che forniscono importanti quantità di rifiuti organici, i quali danno luogo a una nuova generazione di vegetali. Al contrario, il sistema industriale, alla fine del ciclo di produzione e di consumo, non ha sviluppato la capacità di assorbire e riutilizzare rifiuti e scorie. Non si è ancora riusciti ad adottare un modello circolare di produzione che assicuri risorse per tutti e per le generazioni future, e che richiede di limitare al massimo l’uso delle risorse non rinnovabili, moderare il consumo, massimizzare l’efficienza dello sfruttamento, riutilizzare e riciclare. Affrontare tale questione sarebbe un modo di contrastare la cultura dello scarto che finisce per danneggiare il pianeta intero, ma osserviamo che i progressi in questa direzione sono ancora molto scarsi”.

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Un’accusa allo spreco, all’inquinamento dell’aria, dell’acqua e della terra. Solo l’uomo può porre rimedio a questi crimini contro la natura. E infatti Papa Francesco rivolge un appello urgente ad ogni uomo.

“L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiamenti di stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono o lo accentuano”.

Ognuno nel proprio piccolo può e deve fare molto, quotidianamente, con piccoli o grandi gesti per contrastare la distruzione del nostro pianeta e deve farlo ora, subito, senza attendere oltre.

Si legge poi un’analisi accurata sulla situazione dell’acqua nel mondo e sulla perdita della biodiversità con le relative drammatiche conseguenze. Riguardo a quest’ultimo tema le sue parole portano inevitabilmente alla riflessione e meritano di essere riportate.

“Ma non basta pensare alle diverse specie solo come eventuali “risorse” sfruttabili, dimenticando che hanno un valore in sé stesse. Ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre. La stragrande maggioranza si estingue per ragioni che hanno a che fare con qualche attività umana. Per causa nostra, migliaia di specie non daranno gloria a Dio con la loro esistenza né potranno comunicarci il proprio messaggio. Non ne abbiamo il diritto. Probabilmente ci turba venire a conoscenza dell’estinzione di un mammifero o di un volatile, per la loro maggiore visibilità. Ma per il buon funzionamento degli ecosistemi sono necessari anche i funghi, le alghe, i vermi, i piccoli insetti, i rettili e l’innumerevole varietà di microorganismi. Alcune specie poco numerose, che di solito passano inosservate, giocano un ruolo critico fondamentale per stabilizzare l’equilibrio di un luogo. È vero che l’essere umano deve intervenire quando un geosistema entra in uno stadio critico, ma oggi il livello di intervento umano in una realtà così complessa come la natura è tale, che i costanti disastri causati dall’essere umano provocano un suo nuovo intervento, in modo che l’attività umana diventa onnipresente, con tutti i rischi che questo comporta.

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Si viene a creare un circolo vizioso in cui l’intervento dell’essere umano per risolvere una difficoltà molte volte aggrava ulteriormente la situazione. Per esempio, molti uccelli e insetti che si estinguono a motivo dei pesticidi tossici creati dalla tecnologia, sono utili alla stessa agricoltura, e la loro scomparsa dovrà essere compensata con un altro intervento tecnologico che probabilmente porterà nuovi effetti nocivi. Sono lodevoli e a volte ammirevoli gli sforzi di scienziati e tecnici che cercano di ri-solvere i problemi creati dall’essere umano. Ma osservando il mondo notiamo che questo livello di intervento umano, spesso al servizio della finanza e del consumismo, in realtà fa sì che la terra in cui viviamo diventi meno ricca e bella, sempre più limitata e grigia, mentre contemporaneamente lo sviluppo della tecnologia e delle offerte di consumo continua ad avanzare senza limiti. In questo modo, sembra che ci illudiamo di poter sostituire una bellezza irripetibile e non recuperabile con un’altra creata da noi. Quando si analizza l’impatto ambientale di qualche iniziativa economica , si è soliti considerare gli effetti sul suolo, sull’acqua e sull’aria, ma non sempre si include uno studio attento dell’impatto sulla biodiversità, come se la perdita di alcune specie o di gruppi animali o vegetali fosse qualcosa di poco rilevante. Le strade, le nuove colture, le recinzioni, i bacini idrici e altre costruzioni, vanno prendendo possesso degli habitat e a volte li frammentano in modo tale che le popolazioni animali non possono più migrare né spostarsi liberamente, cosicché alcune specie vanno a rischio di estinzione. Esistono alternative che almeno mitigano l’impatto di queste opere, come la creazione di corridoi biologici, ma in pochi Paesi si riscontra tale cura e tale attenzione. Quando si sfruttano commercialmente alcune specie, non sempre si studia la loro modalità di crescita, per evitare la loro eccessiva diminuzione con il conseguente squilibrio dell’ecosistema”.

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Una lettura dell’operato dell’uomo critica ma anche costruttiva: è un invito a rileggere ogni nostra singola azione personale e sociale in modo più ampio, dovrebbe essere sempre collegata all’nterno del contesto naturale in cui viviamo e adattata di conseguenza ma ciò non viene quasi mai valutato e messo in atto. Ma Papa Francesco dopo aver analizzato la situazione ecologica attuale non si limita a chiedere all’individuo solo un’autocritica, lo invita ad agire fornendo anche soluzioni concrete come per esempio i corridoi biologici per gli animali.

Una vera e propria lezione di rispetto verso il prossimo, animale, vegetale o umano che sia. E proprio all’uomo è dedicato un intero capitolo dell’enciclica.

“Oggi riscontriamo, per esempio, la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento originato dalle emissioni tossiche, ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico. Molte città sono grandi strutture inefficienti che consumano in eccesso acqua ed energia. Ci sono quartieri che, sebbene siano stati costruiti di recente, sono congestionati e disordinati, senza spazi verdi sufficienti. Non si addice ad abitanti di questo pianeta vivere sempre più sommersi da cemento, asfalto, vetro e metalli, privati del contatto fisico con la natura”.

Un invito a prendere coscienza che l’uomo deve vivere a contatto con la natura e che le città più trafficate e cementificate non rappresentano per l’uomo habitat più adatto.

La lettera pastorale tocca una miriade di temi interessanti: analizza anche la povertà del mondo e le decisioni politiche e pur trattando di questioni così complesse vengono citati nell’intero testo esempi concreti utili a comprendere meglio, a far riflettere e soprattutto a non perdere fiducia nel genere umano.

“In alcuni Paesi ci sono esempi positivi di risultati nel migliorare l’ambiente, come il risanamento di alcuni fiumi che sono stati inquinati per tanti decenni, il recupero di boschi autoctoni, o l’abbellimento di paesaggi con opere di risanamento ambientale, o progetti edilizi di grande valore estetico, progressi nella produzione di energia non inquinante, nel miglioramento dei trasporti pubblici. Queste azioni non risolvono i problemi globali, ma confermano che l’essere umano è ancora capace di intervenire positivamente. Essendo stato creato per amare, in mezzo ai suoi limiti germogliano inevitabilmente gesti di generosità, solidarietà e cura”.

Viene poi riportata un’interessantissima lettura dei testi biblici riguardo il rapporto dell’uomo con il mondo e in questa approfondita analisi Papa Francesco tiene a precisare che è necessario interpretare in modo corretto questi testi che mai hanno invitato l’uomo a sfruttare in modo irrispettoso terra, aria, acqua e animali ma al contrario l’invito è sempre stato quello di lodarli, di proteggerli, di amarli. Ogni piccolo essere vivente e ogni manifestazione della natura sono tesori di un valore inestimabile che l’uomo deve riuscire a riconoscere.

Queste le sue parole a riguardo: “Così, ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto”.

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Viene dato poi grande spazio al mondo animale. Gli animali non devono essere sfruttati, maltrattati e considerati come oggetti dell’uomo. Papa Francesco ci tiene a precisare che chi si batte per i diritti umani dovrebbe farlo anche per i diritti animali e viceversa chi ha a cuore i temi animalisti non dovrebbe disinteressarsi dei diritti umani. D’altronde come si legge nell’Enciclica “quando il cuore è veramente aperto a una comunione universale, niente e nessuno è escluso da tale fraternità. Di conseguenza, è vero anche che l’indifferenza o la crudeltà verso le altre creature di questo mondo finiscono sempre per trasferirsi in qualche modo al trattamento che riserviamo agli altri esseri umani. Il cuore è uno solo e la stessa miseria che porta a maltrattare un animale non tarda a manifestarsi nella relazione con le altre persone. Ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura « è contrario alla dignità umana » Non possiamo considerarci persone che amano veramente se escludiamo dai nostri interessi una parte della realtà”.

Analizzata con chiarezza, semplicità ma allo stesso tempo anche con una profondità e completezza ammirevole la situazione ambientale, sociale e umana mondiale Papa Francesco invita però ad andare oltre. Come per la malattia è necessario individuare i sintomi per comprenderla e vincerla anche in questo caso è necessario andare all’origine dei problemi per capire perchè sono sorti. Solo facendo così è possibile una soluzione.

“A nulla ci servirà descrivere i sintomi, se non riconosciamo la radice umana della crisi ecologica. Vi è un modo di comprendere la vita e l’azione umana che è deviato e che contraddice la realtà fino al punto di rovinarla. Perché non possiamo fermarci a riflettere su questo?”.

Vengono quindi presi in esame la tecnica, il progresso, la ricerca scientifica, il lavoro e tanti altri fattori che hanno portato alla situazione ambientale odierna. E dopo aver fatto emergere la radice del problema vengono proposte soluzioni che non sono innovative ma che pronunciate da un Papa all’interno di una sua Enciclica, rivolta a tutto il mondo, riescono di sicuro a riconquistare il posto importante che devono assolutamente avere.

Questo è l’appello: “Per affrontare i problemi di fondo, che non possono essere risolti da azioni di singoli Paesi, si rende indispensabile un consenso mondiale che porti, ad esempio, a programmare un’agricoltura sostenibile e diversificata, a sviluppare forme rinnovabili e poco inquinanti di energia, a incentivare una maggiore efficienza energetica, a promuovere una gestione più adeguata delle risorse forestali e marine, ad assicurare a tutti l’accesso all’acqua potabile”.

L’appello è rivolto a tutto il mondo ma soprattutto a quella parte che ha il potere per poter attuare questi cambiamenti, politica ed economia in primis.

Ma l’invito più grande è destinato ad ogni singolo uomo perchè è solo ed esclusivamente smuovendo l’animo umano che si smuoverà il mondo.

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Ogni persona deve vivere in modo più sobrio e meno consumistico e già questo porterebbe a incredibili risultati. Il singolo individuo sottovaluta il proprio potere che invece risulta determinate in molte situazioni.

Questa la considerazione del Papa a riguardo: “Un cambiamento negli stili di vita potrebbe arrivare ad esercitare una sana pressione su coloro che detengono il potere politico, economico e sociale. È ciò che accade quando i movimenti dei consumatori riescono a far sì che si smetta di acquistare certi prodotti e così diventano efficaci per modificare il comportamento delle imprese, forzandole a considerare l’impatto ambientale e i modelli di produzione.È un fatto che, quando le abitudini sociali intaccano i profitti delle imprese, queste si vedono spinte a produrre in un altro modo. Questo ci ricorda la responsabilità sociale dei consumatori. «Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico». Per questo oggi «il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi» “.

E ancora: “È sempre possibile sviluppare una nuova capacità di uscire da sé stessi verso l’altro. Senza di essa non si riconoscono le altre creature nel loro valore proprio, non interessa prendersi cura di qualcosa a vantaggio degli altri, manca la capacità di porsi dei limiti per evitare la sofferenza o il degrado di ciò che ci circonda. L’atteggiamento fondamentale di auto-trascendersi, infrangendo la coscienza isolata e l’autoreferenzialità, è la radice che rende possibile ogni cura per gli altri e per l’ambiente, e fa scaturire la reazione morale di considerare l’impatto provocato da ogni azione e da ogni decisione personale al di fuori di sé. Quando siamo capaci di superare l’individualismo, si può effettivamente produrre uno stile di vita alternativo e diventa possibile un cambiamento rilevante nella società”.

Continua poi a parlare di stile di vita dicendo: “La coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini. Molti sanno che il progresso attuale e il semplice accumulo di oggetti o piaceri non bastano per dare senso e gioia al cuore umano, ma non si sentono capaci di rinunciare a quanto il mercato offre loro”.

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E questa rinuncia la si deve guidare spiegandola ed educandola. Perchè come lo stesso Papa afferma: questa educazione, chiamata a creare una “cittadinanza ecologica”, a volte si limita a informare e non riesce a far maturare delle abitudini. L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo. Affinché la norma giuridica produca effetti rilevanti e duraturi è necessario che la maggior parte dei membri della società l’abbia accettata a partire da motivazioni adeguate, e reagisca secondo una trasformazione personale. Solamente partendo dal coltivare solide virtù è possibile la donazione di sé in un impegno ecologico. Se una persona, benché le proprie condizioni economiche le permettano di consumare e spendere di più, abitualmente si copre un po’ invece di accendere il riscaldamento, ciò suppone che abbia acquisito convinzioni e modi di sentire favorevoli alla cura dell’ambiente. È molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita. L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via. Tutto ciò fa parte di una creatività generosa e dignitosa, che mostra il meglio dell’essere umano.

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Riutilizzare qualcosa invece di disfarsene rapidamente, partendo da motivazioni profonde, può essere un atto di amore che esprime la nostra dignità. Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo”.

Eccola la povertà di cui parlava San Francesco, quella materiale che si traduce in ricchezza morale ed emotiva: “La sobrietà, vissuta con libertà e consapevolezza, è liberante. Non è meno vita, non è bassa intensità, ma tutto il contrario. Infatti quelli che gustano di più e vivono meglio ogni momento sono coloro che smettono di beccare qua e là, cercando sempre quello che non hanno, e sperimentano ciò che significa apprezzare ogni persona e ad ogni cosa, imparano a familiarizzare con le realtà più semplici e ne sanno godere. In questo modo riescono a ridurre i bisogni insoddisfatti e diminuiscono la stanchezza e l’ansia. Si può aver bisogno di poco e vivere molto, soprattutto quando si è capaci di dare spazio ad altri piaceri e si trova soddisfazione negli incontri fraterni, nel servizio, nel mettere a frutto i propri carismi, nella musica e nell’arte, nel contatto con la natura, nella preghiera. La felicità richiede di saper limitare alcune necessità che ci stordiscono, restando così disponibili per le molteplici possibilità che offre la vita”.

Un testo che ogni individuo, credente o non, ha l’obbligo morale di leggere e di vivere.

Elena Bernabè





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