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AlmaLaurea: le donne più istruite sono ancora penalizzate nel lavoro rispetto agli uomini

Di Daniela Bella - 10 Marzo 2014

Ogni genio che nasce donna è perduto per l’umanità“, scriveva Stendhal nei primi dell’800.

E oggi, a duecento anni di distanza, le cose non sono cambiate. Dall’ultimo rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani, infatti, è emerso che oggi le donne restano ancora penalizzate sul mercato del lavoro rispetto agli uomini.

In particolar modo si fa riferimento alla precarietà e alle differenze retributive tra i laureati uomini e le laureate donne.

E’ questo quanto emerso dall’analisi condotta da AlmaLaurea, che ha studiato il profilo di quasi 210 mila laureate a un anno dal conseguimento del titolo di studio, a tre anni e a cinque anni.

E i risultati non sono stati affatto confortevoli. Andrea Cammelli, direttore e fondatore di AlmaLaurea, ha così commentato questi dati:

“E’ un segnale di un forte arretramento culturale e civile del Paese rispetto all’obiettivo di realizzare una partecipazione paritaria delle donne al mercato del lavoro. Tale arretramento contribuisce inoltre a svalutare gli investimenti nell’istruzione universitaria femminile…”

Ma andiamo nello specifico. Le differenze di genere in termini occupazionali tra i laureati magistrali biennali (3+2) si vedono già a un anno dalla laurea, poichè a lavorare sono il 52% delle donne a confronto del 59% degli uomini.

Le donne risultano meno favorite non solo perché presentano un tasso di occupazione decisamente più basso, ma anche perché si dichiarano più frequentemente alla ricerca di un lavoro: 35% contro il 27% rilevato per gli uomini.

A cinque anni dal conseguimento del titolo, inoltre, le differenze di genere si confermano significative, poichè a lavorare sono il 79% donne contro l’86,5% degli uomini.

Tutto questo, ovviamente, a parità di condizioni.

Come se non bastasse, per le donne diventa ancora più difficile nel caso in cui si decida di avere un bambino. In questo caso, infatti, la disparità occupazionale cresce quasi a dismisura.

Le trentenni, a cinque anni dalla laurea, che hanno almeno un figlio hanno un tasso di occupazione pari al 63,5% contro l’89% degli uomini a loro coetanei e con figli.

Questa difficoltà la si percepisce ancora di più se si mettono a confronto le trentenni laureate con almeno un figlio e le coetanee laureate che invece figli non ne hanno: il 76% delle donne laureate senza figli lavora a cinque anni dalla laurea, mentre succede lo stesso solo al 63% di quelle con almeno un figlio.

Un dato davvero sconfortante che penalizza non poco tutte quelle donne che hanno una famiglia e cercano, per come possono, di tirare avanti. E a tal proposito non si può non essere d’accordo con le parole di Andrea Cammelli che, commentando questi dati, ha dichiarato:

“Forti sono le responsabilità in termini di politiche a sostegno della famiglia e della madre-lavoratrice, soprattutto si evidenzia con forza lo scarto occupazionale esistente tra le laureate, a seconda della presenza o meno di figli. Se da un lato in termini di salute e istruzione la parità tra i generi si può dire raggiunta, in termini di partecipazione politica ed economica la strada da percorrere è ancora molto lunga…”

Per non parlare, poi, degli stipendi. Sempre a parità disciplinari, infatti, le ineguaglianze e le disparità tra laureate e laureati si avvertono anche nelle retribuizioni economiche.

A cinque anni dalla laurea, le ragazze che sono riuscite a trovare un impiego, ricevono dalle imprese, in busta paga, solo 1.333 euro. I loro colleghi riescono invece a portare a casa una cifra che le supera del 22% (1.626 euro).

Quel che accade alle 30enni italiane ha l’aspetto di una beffa ancor maggiore, perchè a un anno dalla laurea, la scarto che separa i due generi è di gran lunga inferiore e pari al 14% (1.098 euro per le donne e 1.254 per gli uomini).

Premesso che l’analisi ha tenuto dei numerosi fattori che possono influire sullo stipendio, come percorso di studio, età media alla laurea, voto di laurea, formazione post-laurea, prosecuzione del lavoro precedente alla laurea, tipologia dell’attività lavorativa, area di lavoro e tempo pieno/parziale, quello che è emerso è che comunque, a parità di condizioni, gli uomini guadagnano in media, a un anno dalla laurea, 90 euro netti in più al mese rispetto alle donne, che salgono a 172 euro a cinque anni dalla laurea.

Insomma, le differenze ci sono e appaiono anche abbastanza evidenti, oltretutto in un’età molto importante per la propria formazione professionale. E tutto questo, ovviamente, non solo impedisce alle donne laureate di impiegare al meglio le risorse di cui sono in possesso ma, sulla base dell’analisi, influisce anche nella crescita di un nuovo nucleo familiare.

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