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La drammatica situazione dei bambini che vivono solo un giorno

Di Daniela Bella - 26 Febbraio 2014

Ogni anno più di un milione di neonati muoiono nel loro primo giorno di vita. Le principali cause sono il parto prematuro e le complicazioni durante il parto. A questa cifra vanno aggiunti altri 1,2 milioni di bambini che ogni anno nascono senza vita per complicazioni del parto, infezioni materne o ipertensione.

E’ questo quanto emerso dall’ultimo rapporto di Save the children, chiamato “Ending newborn deaths“, che denuncia come la metà di queste morti potrebbe essere evitata se la madre e il bambino avessero accesso all’assistenza sanitaria gratuita e fossero seguiti da personale qualificato.

Immagine da: www.gravidanzaonline.it

Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, ha spiegato:

“Nell’ultimo decennio sono stati compiuti enormi passi avanti per contrastare la mortalità infantile, passata da 12 milioni a 6,6 milioni, grazie a un intervento globale che ha visto come protagonisti le vaccinazioni, i trattamenti per polmonite, diarrea e malaria, così come la pianificazione familiare e la lotta alla malnutrizione. Ma questo percorso è ormai giunto ad una fase di stallo, se non si interviene immediatamente per contrastare la mortalità neonatale…”

Ogni anno 40 milioni di donne partoriscono senza l’aiuto di personale qualificato. In Etiopia, solo il 10% delle nascite avviene con l’assistenza di professionisti, mentre in alcune zone rurali dell’Afghanistan c’è una sola ostetrica ogni diecimila abitanti.

In paesi come la Repubblica Democratica del Congo e Repubblica Centrafricana, invece, le donne devono pagare per ricevere le cure d’emergenza legate al parto (per un costo che equivale a quello che si spende al mese in cibo) e può succedere che le madri siano trattenute in ospedale finchè non pagano il cesareo, cioè anche per dei mesi.

Il rapporto di Save the Children evidenzia come l’assistenza specializzata durante il travaglio e il parto e la tempestiva gestione delle complicazioni, da sola, potrebbe prevenire circa il 50% della mortalità neonatale e il 45% di bambini nati morti intra-partum.

Eva Riccobono, nota attrice che ha aderito, anche come futura mamma, alla campagna globale di Save the Children per combattere la mortalità infantile, ha commentato dicendo:

“Il primo giorno della vita di un bambino è il più pericoloso. Sentiamo storie orribili di madri che camminano per ore durante il travaglio per cercare un aiuto, madri che partoriscono da sole, sul pavimento della loro casa o in un cespuglio senza l’aiuto di nessuno che possa salvare la loro vita e quella del loro bambino. Tutte storie che troppo spesso finiscono in tragedia. Tutto questo è assurdo e ognuno di noi deve sentire l’imperativo morale di fare qualcosa. Molti di questi decessi potrebbero essere evitati se solo ci fosse qualcuno per assicurare che la nascita avvenga in modo sicuro e che sappia cosa fare in caso di emergenza…”

Insomma, i dati diffusi da Save the Children ci dimostrano quanto sia ancora grande l’impatto della mortalità neonatale.

Il fatto che alcuni Paesi abbiano compiuto significativi miglioramenti nella riduzione della mortalità neonatale testimonia che esistono delle strade percorribili per arrestare questa strage silenziosa. Le soluzioni, infatti, esistono e sono conosciute, ma c’è bisogno di una reale volontà politica per dare a questi bambini una possibilità di sopravvivere.

Proprio per questo motivo, Save the Children vuole mostrare il proprio sostegno affinchè, entro il 2025, ogni nascita sia seguita da operatori sanitari formati ed equipaggiati che possano offrire interventi sanitari essenziali ai neonati e alle loro madri, così da salvare ogni anno la morte di milioni di piccole vittime innocenti.

[Fonte: www.savethechildren.it]

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