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Ahmad: la leggenda del Pianista di Damasco

Di Giordana - 11 Febbraio 2014

Sembra una favola, una leggenda, d’altri tempi, sotto le bombe di Damasco, un ragazzo, pianista e costruttore di pianoforti, decide di mettersi a suonare fra le vie del più rande campo profughi palestinese ( Camp Yarmouk), tra le macerie architettoniche ed umane della guerra in Siria.

Un principe, perché questo è chi è nobile d’animo, che arma il suo strumento di pace contro la guerra, per far arrivare un messaggio che possa attraversare le barriere costruite dal conflitto, suona pezzi della resistenza palestinese e chi passa si ferma e canta e lui riesce a far arrivare un messaggio e a far parlare ancora di questa situazione assurda, di guerra senza fine.
Questo il valore dell’arte, di quella vera, che permette di comunicare al di là di ogni barriera, di ogni contesto per cercare di far capire al mondo che la guerra non ha senso.

Il gesto di Ahmad è bello e profondo è di un romanticismo puro e ribelle così raro in questi tempi. Non se ne vedono di gesti così ed è importante che venga dalla terra di Palestina, che venga da una cultura così lontana da quella del consumismo e dell’estremo benessere , che provenga dal cuore profondo di una terra devastata, in cui le nuove generazioni riescono ancora a trovare le ragioni dell’arte e della comunicazione, della speranza e della pace, contro le ragioni della guerra.
Prima di lasciarvi al brevissimo video, concludo con un brano tratto dall’ Iliade di Alessandro Baricco:

“Costruire un’altra bellezza è forse l’unica strada verso una pace vera. Dimostrare di essere capaci di rischiarare la penombra dell’esistenza, senza ricorrere al fuoco della guerra. Dare un senso, forte, alle cose senza doverle portare sotto la luce, accecante, della morte. Poter cambiare il proprio destino senza doversi impossessare di quello di un altro. Riuscire a mettere in movimento il denaro e la ricchezza senza dover ricorrere alla violenza; trovare una dimensione etica, anche altissima, senza doverla andare a cercare ai margini della morte; incontrare se stessi nell’intensità di luoghi e momenti che non siano una trincea; conoscere l’emozione, anche la più vertiginosa, senza dover ricorrere al doping della guerra o al metadone delle piccole violenze quotidiane. Un’altra bellezza, se capite quello che voglio dire.
Una reale, profetica e coraggiosa ambizione alla pace io la vedo soltanto nel lavoro paziente e nascosto di milioni di artigiani che ogni giorno lavorano per suscitare un’altra bellezza, e il chiarore di luci, limpide, che non uccidono. È un’impresa utopica, che presuppone una vertiginosa fiducia nell’uomo. Ma mi chiedo se mai ci siamo spinti così avanti, come oggi, su un simile sentiero. E per questo credo che nessuno, ormai, riuscirà più a fermare quel cammino, o a invertirne la direzione. Riusciremo, prima o poi, a portar via Achille da quella micidiale guerra. E non saranno la paura né l’orrore a riportarlo a casa. Sarà una qualche, diversa, bellezza, più accecante della sua, e infinitamente più mite.” [Omero, Iliade, Alessandro Baricco].

[Photo by: Music Fanpage]





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