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Educazione

Lo sviluppo del disegno libero nel bambino: il significato dell'uomo, della pianta e della casa

Di Sarah Catalano - 30 Aprile 2015

Nel primo settennio, la rappresentazione dominante nelle espressioni grafiche del bambino è l’uomo. Solo pian piano egli arriva però a raffigurarlo in modo completo; il primo abbozzo viene chiamato “uomo-pianta”, proprio perché proviene dalla percezione delle sue forze vitali che accomunano appunto l’uomo e il regno vegetale.

Inizialmente, si concentrano le forze circolari espresse nel “gomitolo di vortici” con le linee rette, che ancora sono fuse e sospese; successivamente, queste si separano, portandosi verso l’alto le prime e verso il basso le seconde, come a formare una sorta di chioma e di tronco.

Vortice

Gomitolo di vortici

Attorno ai tre anni, in corrispondenza dell’arrivo dell’ ”Io”, il bimbo comincerà a sentirsi più ancorato a terra ed ecco che spunteranno i piedi, uniti con un senso di staticità, come una colonna; poi, l’aggiunta delle braccia e il primo abbozzo di movimento.
In seguito, noteremo invece come dal tronco centrale si dipartano delle emanazioni laterali, simili a rami, che ricordano proprio lo scheletro umano, che tra i 3 e i 4 anni il bambino percepisce chiaramente in sviluppo.

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Ecco il formarsi della struttura ritmica della “scala”, che dominerà per molto tempo il disegno del bambino, anche associato al tema della casa.

Mentre le gambe per lungo tempo saranno rappresentate per lo più fisse, le braccia appaiono da subito libere, in movimento. Con l’acquisizione della posizione eretta, l’uomo si differenzia infatti dall’animale proprio in questo: riesce a liberare braccia e mani per portarle a compiere la propria volontà.

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Questa fortissima sensazione porta il bambino verso i quattro anni a disegnare braccia e mani esageratamente grandi, con un gran numero di dita che sembrano i raggi del sole, come antenne di percezione tese a percepire il mondo intorno, ancora tutto da scoprire soprattutto proprio grazie ad esse e al senso primario del tatto.

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La rappresentazione dei piedi e delle gambe arriva invece intorno ai cinque anni, in modo forte e potente, fino a ridurre lo spazio di rappresentazione del resto.

Quando il bambino attorno ai tre anni arriva dal gomitolo di vortici al cerchio chiuso con punto al centro, siamo alla prima percezione di qualcosa che lo circonda, lo avvolge, come se rivivesse il grembo materno.
Questo è il principio del tema “casa”, che poi continuerà nello sviluppo anche oltre il primo settennio: essa rappresenta la necessità protezione da ciò che lo circonda, anche a livello eterico (di cui si ha percezione dopo il settimo anno).

La casa come isolamento/separazione dal mondo cambia ed evolve sorprendentemente ogni volta che aumenta l’indipendenza dell’anima, perdendosi man mano quella fusione con il mondo circostante più tipica del bambino piccolo.
Inizialmente, la casa conserva ancora elementi che ricordano la sfericità, che poi man mano si perdono fino a diventare dei rettangoli dalle pareti aderentissime alle figure umane, con un senso quasi oppressivo. Abbinato a questa fase del disegno noteremo il tipico gioco della “casetta” in ogni angolo di casa, spesso anche stretto e buio: il bimbo comincia ora a prendere le misure e le distanze tra sé e il mondo circostante.

Si accende l’interesse verso la funzionalità delle cose, che fa nascere nel disegno nuovi particolari, come la maniglia sulla porta; la casa ha finestre che aprono lo sguardo sul mondo, il camino è fumante e il bimbo si sdraia a letto o sul divano: comincia a sentirsi inserito e a suo agio nel suo mondo.

Inoltre, la “scala” si articola e diventa “torre”, in cui spesso la figura umana resta imprigionata: è il tema della paura, che nasce proprio dalla perdita fisiologica nella crescita della connessione con l’ambiente circostante.
Tipico di questo periodo, anche nel gioco, l’alternarsi nel ritmo tra chiusura ed apertura (casetta/dentro-altalena/fuori).

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Dopo il quarto anno, nasce l’immagine dell’uomo “testa-piedi”, quando il bambino ha imparato a disegnare il cerchio chiuso con punto al centro e si espande a sperimentare il mondo circostante attraverso le membra, che di lì vi dipartono quasi fossero antenne.
Talvolta, dal punto centrale del cerchio, il bambino traccia del raggi, quasi fosse una “ruota”, che lo riporta al mondo interiore del plesso solare.

Il disegno libero nel bambino ha sempre un significato ma spesso viene sottovalutato…

Sarah Catalano
sarah@mammafatata.it
www.mammafatata.it

Bibliografia di riferimento e fotografie tratte da “Il linguaggio degli scarabocchi” di Michaela Strauss

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