Ambiente
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Mi presento: sono una Banana

Di Giordana - 23 Ottobre 2013


Oggi è una giornata calda e afosa, come spesso accade in America Latina (è da qui che arriva l’80% della produzione di banane immessa sul mercato locale, gli altri produttori sono India, Cina e Filippine, ma hanno una domanda interna altissima e questo li porta ad una percentuale di esportazione molto bassa) e io incomincio a sentirmi pesante attaccata a questa pianta di banane, siamo almeno cinque tutte insieme e 30 sull’intera fila, casco, come la chiamano quelli che dovrebbero venire a prenderci tra qualche giorno.
Ci raccolgono durante tutto l’anno, qui non nelle piantagioni non esistono stagioni vere e proprie, il clima è caldo umido e a noi basta per crescere e svilupparci, ogni nove mesi poi è già pronta un’altra pianta qui proprio accanto, ma non troppo vicina, a quella che ha generato me.
Ci raccolgono in continuazione, ma sicuramente mi verranno a prendere prima che io abbia il tempo di maturare appieno e di prendere il mio caratteristico colore giallo. Quest’anno non abbiamo preso particolari malattie, perché fin da piccole ci hanno spruzzato e contaminato con una serie di prodotti chimici ce impediscono ai numerosi batteri di contaminarci. La banane è un frutto piuttosto delicato e a causa del clima dove si sviluppa, soggetta all’attacco di molti parassiti e malattie che possono causare la perdita di un intero raccolto.
Qui nella piantagione con me ci sono molte persone, lavorano in continuazione e la maggior parte di loro sono davvero giovani, piccoli direi, dagli 8 ai 13 anni e sono qui quando vengono dati i pesticidi che permettono a me ed alle altre di sopravvivere, ma se fossimo di meno qui nella piantagione non ci sarebbe bisogno di bombardarci così di sostanze tossiche.
Ecco come vi dicevo ci stanno venendo a raccogliere, ora ci laveranno e mi piacerebbe sapere dova va a finire l’acqua che usano per pulirmi da tutte le sostanze tossiche.
Eccomi pulita e sistemata in casse che deporranno nei vani frigorifero posti all’interno delle navi utilizzate per l’esportazione.
Mi attende un lungo viaggio, più di due settimane in mare a temperatura controllata, da qui fino ai porti del vostro continente. So già cosa mi aspetta arrivata a destinazione, finalmente acquisterò il mio colore definitivo, maturerò, ma non grazie al calore del sole, bensì in una cella di maturazione, una sorta di lampada artificiale a 19 gradi centigradi, dove rimarrò per circa 5 giorni alla fine dei quali mi ritroverete nei reparti di ortofrutticola del vostro supermercato.
Durante il viaggio ho incontrato un’altra banana, ma era più felice di me, raccontava dell’aria serena che c’era nella piantagione, sono di meno e quindi meno pesticidi e i lavoratori che l’hanno accudita erano uomini adulti, retribuiti in maniera adeguata, mi ha detto di far parte di una piantagione equosolidale, ma questa è un’altra storia…





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